Salamandra

Salamandra

Questa curiosa creatura in natura misura dai 15 ai 20 cm. porta con se diverse antiche credenze, si pensava capace di sopravvivere nel fuoco, che fosse di cattivo presagio, portasse disgrazia nel raccolto se trovata nei campi coltivati, e se trovata in un pozzo addirittura che lo avvelenasse.
Va da sé, che se questi sono i presupposti, non te la puoi passare bene, e il rischio estinzione è dietro l’angolo, ma la salamandra è un’animale tenace , forse anche perché è in grado di vivere dai 20 ai 25 anni, non si cura delle malelingue, a quanti la ritengono velenosa, lei avrebbe qualcosa da dire sui pesticidi che fanno strage dei suoi piccoli.
A questo punto io me la sono immaginata sui 15 m. in grado di volare, chissà ora che vola in cielo cosa pensa  di noi, là sotto, piccoli che la guardiamo, e se fosse lei adesso a dire che tutto sommato siamo noi a portare sfiga

 

Progettare un gonfiabile statico e arrivare al suo volo di prova, comporta un buon dispendio di energia, considerando che tutto il lavoro va ad intersecarsi in quello che è il nostro quotidiano, si può tranquillamente considerare un tempo di gestazione di mesi.
Generalmente il periodo fertile è quello invernale, si mette sul cartaceo a Novembre – Dicembre, poi per smaltire i postumi delle festività, si cuce nei primi mesi dell’anno nuovo e con i primi germogli primaverili abbiamo anche noi il nostro nuovo gonfiabile.
Le tecniche che descrivo nelle altre pagine del sito vengono da me adottate anche nella costruzione dei gonfiabili.

La salamandra, ad esempio è stata progettata partendo dalla sua sezione, il suo corpo essendo di forma “piatta” è stata pensata come un ellisse con ai lati due porzioni di cerchio, una volta decisa la forma della sua sezione non rimaneva che giocare sulle proporzioni, in modo da poterla ridurre o ingrandire dove serviva , in questo modo avevo già una serie di misure (le briglie interne, ad esempio, sono facilmente calcolabili matematicamente).
La sua coda è stata semplicemente pensata come un cono dove trova posto anche una cerniera per le riparazioni ed ispezioni.
La testa, come le zampe, sono state eseguite creando una sagoma tridimensionale in cartoncino, chiaramente non a misura reale, (già ho scritto che non lavoro con un programma 3 D dedicato), ma eseguo la forma che desidero con fogli di cartone leggero e tengo il tutto unito con nastro adesivo, mi diverto come un bambino e insulto il mondo e il governo come un agricoltore, ma dopo alcune serate di bricolage, ho tra le mani una forma che assomiglia a quello che volevo ottenere.
Altri costruttori di gonfiabili ottengono le forme volute cercando in rete i siti che trattano l’arte dei “
Papercraft” (simili ai più conosciuti origami, ma sostanzialmente diversi) da li traggono spunti preziosi.
Altri “serial killer” fanno a pezzi pupazzi di dimensioni generose per impossessarsi dei ferzi per creare i loro torbidi cartamodelli.
In buona sostanza per raggiungere il nostro scopo ogni strada è valente, va da se che un programma in grado di produrre i nostri ferzi ad “hoc” costituirebbe un valido aiuto, tutto sommato anche sistemi più elementari, di cui sopra, nascondono il loro fascino.

Quando si traducono le varie dime di cartoncino, con cui abbiamo realizzato la nostra forma, in ferzi di tessuto prevedendo tutti gli arrotondamenti  necessari   e ciò che riusciamo a ottenere alla fine è un buon risultato, non c’è dubbio sono tutti punti al nostro impegno.

Un grande aquilonista che da sempre ha lavorato con modelli in cartoncino e Marco Casadio ora risiede nella costa nord francese,   riesce a fare anche le briglie sospendendo la sua forma con  il giusto angolo d' incidenza al vento e poi traguardando da tutti gli attacchi di briglia al presunto attacco del cavo di ritenuta trova tutte le lunghezze che gli occorrono.
Il tutto poi va chiaramente ingrandito in proporzione, non so quanto tempo gli serva nei primi voli,  per il settaggio definitivo, però a giudicare dai risultati che ottiene, giù il cappello. 

Come accennato, il fare a pezzi (scucire) un “peluche” esistente non è un’ idea da scartare in quanto se questo è ben fatto ci darà tutti i ferzi già tondeggianti in modo di non avere spigoli quando l’ aria darà forma al nostro gonfiabile, due sono le premesse, non fare a pezzi pupazzi di proprietà di bimbi potremmo aprire ferite non più sanabili e secondo consiglio non provare sentimenti nei confronti della vittima, in quanto una volta a pezzi non verrà più ricucita.

Una delle difficoltà nel riprodurre in scala i nostri gonfiabili, deriva dal fatto che dovendo fare cuciture di più metri possiamo avere delle differenze nei punti d’ incontro dei ferzi, (i ferzi sovrapposti che vengono fatti avanzare dal trasporto nella macchina da cucire, non sempre vengono equamente trascinati quindi al termine  di cuciture lunghe si possono avere differenze anche importanti tra due ferzi di uguale misura).
Io preferisco non avere dei punti d’incontro “ciechi” (dover chiudere dei ferzi al millimetro)  ma preferisco costruire pensando sempre di poter rifilare del materiale in eccesso, non porta danno al nostro oggetto e il lavoro sarà più lineare.
Per chiarezza, quando devo inserire ad esempio quello che diventerà un occhio, forma tondeggiante, se posso non vado ad inserirlo con precisione nel foro che lo accoglierà potrei stare lì del tempo, per capire perché mai arrivo lungo o corto al  punto di chiusura della cucitura, (dovrei imbastire il tutto prima o incollarlo per poter cucire serenamente con precisione).
Mia abitudine è quella tenere due ferzi aperti tra quelli che  compongono  la  forma  che  dovrà  ospitare  “l’ occhio”, questi due ferzi se riesco li lascio con una certa abbondanza (2 cm. o più per parte) sul lato di giunzione.
Vado poi ad inserire l’ occhio, non inizio a cucire dallo spigolo di un ferzo dei due aperti, ma parto da 10-15 cm. oltre, eseguo tutta la cucitura dovuta per unire le parti e quando arrivo alla fine, mi fermo a 10-15 cm. prima dello spigolo dell’ultimo ferzo, a questo punto realizzo con precisione quanto tessuto occorre per chiudere in eleganza il tutto, posso quindi rifilare il tessuto in eccesso dagli spigoli dei ferzi, tenendo conto anche del necessario per la cucitura, unisco quindi i ferzi esterni e a questo punto posso riprendere a cucire l’ unione lasciata prima in attesa di ottimizzare il punto d’incontro.  
 

Spesso per mantenere le proporzioni mi aiuto disegnando l’intero gonfiabile su carta millimetrata, comparando in tal modo tutte le misure necessarie per creare l’intera forma voluta.

I punti di briglia, talvolta sono spontanei altre volte se ne predispongono in eccesso d'altronde se non creiamo un gonfiabile in miniatura, che aprirà la strada al fratello maggiore, dobbiamo considerare che essendo comunque un prototipo meglio eccedere che dover riprendere in mano tutto per produrre degli attacchi di briglia dove non li avevamo previsti.

Tanti usano cucire un cordino interno andando a  formare un reticolo, questo dà la possibilità di creare punti di briglia semplicemente forando la vela e legando la briglia agli incroci ottenuti dal cordino, io al contrario i punti di briglia li eseguo con delle fettuccia e rinforzo la zona della vela interessata, quindi i punti di briglia o ci sono oppure devo provvedere a farli se necessitano, senza dubbio la soluzione costruttiva più leggera è quella del cordino, ma io costruisco così da tempo, un punto di briglia eseguito da me, non ha mai avuto dei cedimenti.      

La briglia in termini di carico di rottura potrebbe teoricamente non dover sopportare troppa fatica, in quanto tutta la trazione viene distribuita su un bel numero di briglie, però se poche briglie vengono trattenute in una situazione accidentale a questo punto pochi punti di briglia devono farsi carico di tutta la trazione che il nostro oggetto in quel momento  genera.

Questa è una situazione da cui guardarsi con attenzione, capita che nei campi di volo ci siano persone inconsapevoli che non riescono a realizzare che nei grossi aquiloni le forze in gioco sono serie,  un cavo può fare danni. Una volta ho visto una “mamma”  attraversare tutta l’area di volo con un passeggino, non pensando minimamente che la bimba a bordo poteva rimanere impigliata su un cavo, probabilmente la bimba si sarebbe divertita un mondo con paletta e secchiello  non avendo nessuna intenzione di fare un paio di axel  in cielo, certe cose solo a pensarle mi mettono davvero a disagio.

Torniamo alla nostra creatura, generalmente una volta finito il lavoro di cucitura io procedo a una prova “a banco” (anche le briglie interne vengono da me eseguite con l’aquilone gonfio a terra), (per lo scopo ho applicato un ventilatore ad un secchio in plastica, questo l’ho imbottito con gommapiuma rendendo lo strumento abbastanza professionale), chiudo con nastro e nylon dall'interno le prese d’aria anteriori (nella salamandra c’è una grande presa d’aria rettangolare con rete nera in modo da non creare aperture evidenti sul suo muso),  infilo  il ventilatore  nell' apertura  della  cerniera  posteriore  e inizio  a “gonfiare”  l’ aquilone.

 


            
 

 

In questo modo posso controllare tutto il cucito  e accorgermi se ci sono difetti di forma, se non c’è da tornare sul tavolo da cucito, posso legare le briglie interne queste nascono dalla stessa fettuccia che tiene le briglie esterne, in tal modo scaricano parte della fatica degli attacchi inferiori ed inoltre oltre a mantenere la forma voluta, posso, incrociando le briglie interne dare rigidità strutturale al nostro gonfiabile, se necessario a volte da un punto di briglia esterno partono ben tre briglie interne.

Fin qui tutto bene ora siamo a metà dell’ opera, in quanto le briglie esterne possono rappresentare una parte di lavoro decisamente importante (utilizzando in passato un programma per costruire profili da trazione, pur generando questo in automatico, celle, profili e briglie, ebbene al primo volo le briglie andavano settate fino ad arrivare a dei valori di misura veramente distanti da quelli prodotti dal programma, in base a queste esperienze posso tranquillamente non pretendere di risolvere alla prima uscita tutti i miei guai).
Per creare le briglie generalmente giro l’aquilone a “pancia all'aria” poi  traguardo tutti i punti di briglia ad un punto, questo cade generalmente sull'asse centrale della lunghezza del gonfiabile ed è posizionato un metro davanti al naso del gonfiabile ad un’altezza di circa 4 m.  inizio a misurare con la corda metrica tutte le distanze dai punti di briglia, l’origine è questo punto fisso, eseguo così le briglie primarie, la lunghezza presunta viene marcata facendo un nodo semplice sui cordini, questi  li tengo con 1 m. di abbondanza oltre il nodo, raccolgo poi le briglie per  linee  orizzontali  ed  utilizzando  una briglia secondaria con un’ asola, eseguo un nodo bocca di lupo, trattenendo a monte tutti i nodi dei cordini, questa briglia secondaria è a sua volta lunga da 1,5  a 2 m. ( più mi allontano dal punto fisso e più queste briglie secondarie saranno lunghe ) anche queste saranno pre-settate con un nodo, queste le raccolgo con  un unico cordino, sarà l’attacco per il cavo di ritenuta.
Non rimane che prevedere varie sessioni di volo e lentamente con infiniti aggiustamenti arrivo ad ottimizzare tutte le lunghezze, quando ci si avvicina alla giusta regolazione si può piano piano tagliare l’eccesso delle briglie.

Inizialmente tutto questo insieme di fili e nodi  stressano non poco e a volte si è portati a cedere all'ira, la pazienza, è una virtù  e  in questi casi serve tutta , spesso da un giorno all'altro si hanno risposte di volo opposte, diciamo che una buona brezza marina costante è il miglior aiuto che possiamo avere .

Ora,  al termine di questo viaggio non rimane che fare carte false per far volare il nostro gonfiabile il più a lungo possibile e in più posti possibili, è la sua vita, è in fondo quello che vuole, io a fine parto riesco a dargli anche un nome proprio, cosi è nata Sandra la salamandra.