Stress e corde
02.12.2018 19:03Ora la sacca è in aria, la vedo ricade sulla sabbia, la corda ora cerco, proprio accanto alla cresta dell'onda, giace utile al suo destino. Ecco, acqua, sabbia corde e guai, si stringe un'altro cavo tangente al mio, quale risultante? Forse a sera capirò.
Seguire un proprio pensiero, senza doverosamente assecondare le tendenze del momento può essere a volte frustrante, ritengo però, per mia natura, doveroso porre mie riflessioni su ogni mia scelta, come sempre del resto, virtù anarchica, posso certamente pagarne le conseguenze, ma a volte contrariamente ne traggo beneficio.
Questo scritto mi porta ad analizzare razionalmente quale percorso ho seguito nel tempo per scegliere il cavo di ritenuta che ora scorre tra le mie mani, salterellando tra vizi e virtù di corde diverse a confronto.
Scrivo, volgendomi all’utilizzo di cavi di ritenuta per aquiloni capaci di sviluppare forze notevoli, riflettendo su quali siano le diverse dinamiche che portano alla rottura dei cavi e quali siano le cause importanti che comportano la loro usura e il loro decadimento delle proprietà fisiche.
Inizierò scrivendo in analisi la prima operazione che andrò a eseguire con un cavo di ritenuta nuovo, a un capo necessito di un’asola per darne fissaggio alla vela, quali sono le mie abitudini? Se eseguo un nodo vado a seconda del polimero cui è costituita la corda a indebolire il valore del carico di rottura dichiarato dal suo costruttore, il nuovo valore di riferimento in prossimità del nodo sarà di un 30-50% in negativo, vale la pena, quindi, eseguire un’asola cucita, basta spendere poco tempo, “prendendoci la mano”, e il gioco è fatto.
Altra considerazione è l’utilizzo di un sistema per avvolgere il cavo di ritenuta, ritengo ancora importante l’utilizzo di “Winder” o similari andando a eseguire un otto nel raccogliere il cavo, ritorcere il cavo su se stesso, comporta nel tempo uno stress meccanico quando abbiamo una forza applicata, svolgendolo al contrario da un sistema che impedisca che ciò accada mi rende più sereno.
https://www.aquilonislk.it/products/cucire-una-briglia/ https://www.aquilonislk.it/products/winder/
Queste sono mie considerazioni iniziali e comportamentali, posso accompagnarle a seguire da buone abitudini conservative, riporre le corde in luoghi asciutti, privi di luce e ventilati, esempio, se il nostro cavo lo abbandoniamo sul cruscotto dell’autovettura, abbiamo due concause deteriorative, il vetro non ferma i raggi ultravioletti e la temperatura interna dell’abitacolo può innalzarsi a valori importanti per azione del sole, a breve la risultante sarà un danno economico per negligenza, relativo certo, ma pur sempre un danno.
Altra abitudine conservativa cui si dovrebbe volgere attenzione è la pulizia dei nostri cavi, la sporcizia depositata sui nostri cavi altro non è che la testimonianza di dove siamo stati, quindi lavare le corde in una bacinella con acqua a 30 gradi, non calda, e sapone di Marsiglia è la soluzione(meglio evitare di sottoporre la corda a contatto con detersivi, solventi o prodotti chimici, inclusi i loro vapori, cui non conosciamo l’aggressività, anche la marcatura della corda con un lapis può essere considerata non ideale) la corda va lavata avendo cura di darne risciacquo a corda immersa per favorire l’uscita dei micro-cristalli penetrati in essa nel tempo (può sembrare un delirio ma la presenza di cristalli di sale, “acqua di mare”, silicio, carbonato di calcio, quarzo, granato, “presenti in terra e sabbia”, penetrano a danno nelle corde spesso tra calza e anima e logorano lentamente i fili elementari della corda per azione abrasiva).
Arrivo a seguire a considerazioni più fisiche, l’utilizzo dei nostri cavi nei campi di volo.
I principali nemici che temo realmente sono la forza applicata, il danno da abrasione e l’innalzarsi della temperatura da/e stress meccanico.
Queste le mie analisi.
Forza applicata: quando rifletto su di essa non devo solamente avere in riferimento i Newton generati dalla portanza dell’aquilone, cui il cavo di ritenuta è dedicato, ma doverosamente devo includere alcuni fattori secondari, quali a esempio, la forza generata dalla vela in seguito a uno
sbandamento, quindi la forza generata in portanza anche dal vento apparente dovuto alla velocità della vela in caduta, potrei oltremodo subire durante il volo del mio aquilone una collisione con altri aquiloni, ritroverei il mio cavo di ritenuta designato a gestire l’energia chiesta da più vele coinvolte nella collisione.
Alla generica considerazione totale dei Newton generati, doverosamente aggiungo un margine di sicurezza, ecco che facilmente i valori finali del carico di rottura richiesto al mio cordino potranno arrivare sull’ordine delle centinaia di chilogrammi.
Posso quindi fare alcune considerazioni, quando ho idea della forza in gioco, esempio, se considero un valore di forza di 350Kg. come carico di rottura , posso rivolgermi a ciò che il mercato offre, ovvero……. fibre sintetiche, si, ma quali?
Ciò che segue è un confronto indicativo senza certezza assoluta.
Cordino in poliestere: calza in treccia di poliestere 16/24 fusi e anima in filato di poliestere, carico di rottura circa 350 Kg. sezione di 4/5 mm. con un peso di 2/4 kg su 100 metri.
Cordino in Nylon: calza in treccia e anima in trefoli, sezione di 4/5 mm. forse risparmiamo un pochino sul peso.
Sono entrambe corde dinamiche, quindi, hanno la capacità di assorbire le forze in gioco con maggiore elasticità, ma attenzione quando un’azienda garantisce un carico di rottura, il riferimento è sempre di un valore con regime di carico statico, quindi, il valore recepito, va letto con un carico/massa in aumento in modo lento e progressivo, ahinoi, contrariamente possiamo essere coinvolti nel nostro uso in fenomeni dinamici importanti, in modo repentino, abbiamo quindi un ribaltamento della logica di lettura del carico, in quanto l’intensità del momento di forza può essere di tutt’altro ordine, il margine di sicurezza considerato prima, deve essere alto.
Cordino in Dyneema, treccia a 12 fusi senza anima, carico di rottura 400Kg. sezione 2mm. peso per 100 metri 0,23 Kg.
Cordino in Kevlar, in treccia o treccia con anima, carico di rottura 340 Kg. sezione 2 mm. peso per 100 metri 0,27 Kg.
In questo esempio di confronto emerge prepotentemente un dato, non considero corde vegetali, animali e sintetiche includendo il polipropilene.
Il punto di partenza è superiore, tra i polimeri considerati abbiamo una netta divisione a parità di carico di rottura, sezione e peso si spostano a favore delle fibre di polietilene HDPE e fibra aramidica.
DYNEEMA: prodotto dalla DSM azienda olandese cui ha registrato il brevetto, nel tempo ha cosentito la fabbricazione anche a terzi, tra cui, la DSM-TOYOBO azienda giapponese la quale ha collaborato nello sviluppo iniziale per ottimizzare la stiratura delle molecole del polietilene a freddo, Toyobo che produce e mantiene il marchio Dyneema.
La MITSUI sempre Giappone commercializza con marchio TEKMILON.
La ALLIED negli Stati Uniti che produce un polietilene HDPE molto simile, cui l’azienda olandese ha permesso il cambio di nome e produce a marchio SPECTRA.
Il Dyneema si presenta come una treccia morbida senza anima spesso viene ora commercializzata con un rivestimento impregnato di uretano il quale le dona una buona scorrevolezza e lo protegge dalle aggressioni abrasive esterne.
Il KEVLAR è invece un brevetto DUPONT cui ne ha commercializzato la fibra a livello internazionale.
Esiste anche la TECHNORA fibra para aramidica molto simile al KEVLAR ma con caratteristiche migliori di stabilità all’azione di acidi, alcali, solventi e acqua di mare.
Il NOMEX fibra para aramidica sempre su brevetto DUPONT ha qualità simili al KEVLAR però è un materiale rivolto maggiormente alla costruzione del tessile, rara la costruzione di cime e scotte.
Queste fibre sono generalmente di colore giallo paglierino, vengono trecciate in modo molto fitto garantendone resistenza all’abrasione superficiale, è una fibra sensibile all’esposizione dei raggi UV e ad agenti esterni.
Nel mio percorso temporale ho usato Poliestere e Nylon come cavi di ritenuta con sezioni minori e con carichi ragionevolmente minori, tenendo in considerazione negativa il peso totale del cavo che l’aquilone reggeva e la sua impedenza aereodinamica, il costo e la loro facilità di reperimento erano il loro vantaggio iniziale.
Scrivendo di grossi aquiloni dobbiamo considerare anche la maneggevolezza che chiediamo a un cordino una sezione esigua richiederà attenzione e guanti, a mio avviso la sezione di partenza sarà di tre millimetri, sicuro in tal modo di ottenere un buon confort nella sua manipolazione e un’ottima risposta alle forze in gioco.
Mano al portafoglio, quindi, per carichi di lavoro elevati passiamo a Dyneema o Kevlar.
Voglio aggiungere una parentesi costruttiva sulla scelta del cavo a prescindere del loro polimero costituente.
Treccia in calza con anima o treccia senz’anima?
La calza può svolgere un ruolo conservativo dell’anima del cavo, ma tuttavia concorre alla resistenza sotto carico.
La calza può essere costituita da più trecce o fusi, maggiore è la loro quantità più rigido sarà il cavo e più resistente risulterà all’abrasione da sfregamento.
Un cavo privo di anima risulterà meno dinamico, e meno morbido alla manipolazione.
Alcuni cavi con anima hanno in difetto che la calza scivola sull’anima, questo indesiderato comportamento può non risultare simpatico, evidenziandosi nell’esecuzione dei nodi.
Il danneggiamento fisico dell’anima a volte rimane celato alla vista dalla calza.
Il danno da abrasione e stress meccanico: scrivendo d’abrasione e stress meccanico doverosamente dovrei includere come elemento concomitante la trasformazione dell’energia in calore, ma preferisco trattare questo tipo di danno termico analizzandolo dopo in virtù dei materiali utilizzati.
Volgo per ora attenzione al solo effetto di danneggiamento apprezzabile dovuto a uno stress fisico.
Partendo da un presupposto matematico, il rinvio di una corda su un dato raggio, esempio un moschettone, è in grado di abbassare le proprietà di tenuta di circa 30% del valore di resistenza di una corda nuova, maggiore sarà il condizionamento del valore quanto un raggio di curvatura si porterà prossimo allo spigolo, (abbiamo già considerato il danneggiamento prodotto da un nodo).
Quindi quanto ridotta sarà la zona d’attrito in piega, tanto maggiore e localizzata sarà la microlesione prodotta alle fibre delle nostre corde (Per chiarezza oggettiva, i test eseguiti dalle aziende costruttrici, per stabilire il carico di rottura delle loro funi e corde utilizzano un’apparecchiatura provvista di due tamburi con diametro generoso, cui la corda viene avvolta, un tamburo è fisso e l’altro rotante, un motore passo-passo porta tramite il tamburo il cordino in trazione, di qui la lettura del carico sino alla rottura).
Se oltre allo stress meccanico cui sopra, includiamo un’abrasione immediata da sfregamento, dobbiamo considerare la rottura di fili, trecce o fusi esterni, queste perdite di proprietà meccaniche da abrasione, tuttavia sono visibili dallo stato d’usura della corda, quindi facilmente considerabili, tutti gli altri condizionamenti da stress meccanico, osservati prima, sono contrariamente non identificabili in quanto interni alla corda stessa.
La struttura costruttiva della corda trecciatura fitta della calza è la maggiore difesa alle micro lesioni dovuta a un’azione abrasiva, il cavo di Kevlar avente una trecciatura costruttiva molto fitta si difende molto bene dalle abrasioni, ma male sopporta gli stress meccanici dovuti a diametri ridotti d’avvolgimento o piega.
L’innalzarsi della temperatura: lo stress meccanico, differentemente da un’abrasione rapida può essere devastante nel tempo, certamente non riesce a giustificare da solo il rapido deterioramento di una corda, ma avevo accennato poco prima alla trasformazione dell’energia in calore, l’alta temperatura è la causa primaria di una variazione chimica di una corda, quindi:
Stress meccanico stiramenti improvvisi, tensioni costanti, abrasioni, angoli di curvatura ridotti, producono energia che viene dissipata producendo calore.
Senza dare valutazione alla reazione chimica dei polimeri componenti le nostre corde al variare della loro temperatura, semplicemente, posso porre a confronto a quale temperatura degenerano le loro fibre.
Le temperature prodotte da uno stress meccanico importante possono avere un valore realistico di 100/140 gradi centigradi (temperatura prodotta allo scorrere di una corda su un moschettone, tensione improvvisa di una corda, valori di carico importanti, generano l'alzarsi della temperatura in prossimità di pieghe, moschettoni, nodi e altro).
Il Poliestere e il Nylon degenerano a temperature tra i 230/260 gradi centigradi, scrivo di collasso strutturale in quanto il danno prodotto al variare delle temperatura è proporzionale ai gradi e al tempo d’esposizione.
Il Kevlar, nasce come fibra ignifuga, degenera sui 500 gradi centigradi
Il Dyneema, degenera a 130 gradi centigradi.
Questa mia, è una riflessione semplificata dalle opposte risultanti delle corde a confronto, “raramente siamo nella vita così fortunati da poter prevedere tutti gli accadimenti semplicemente snocciolando considerazioni”, ciò non toglie che qualsiasi strada personale noi percorreremo la nostra corda saprà portare in alto i nostri aquiloni.
Scrivendo di temperatura mi piace soffermarmi su di una riflessione il taglio dei cavi durante i festival, quando due cavi s’incrociano in una collisione, il cavo che scorre sull'altro ha maggiore possibilità di restare integro, la temperatura da sfregamento risulterà minima in quanto distribuita sulla lunghezza del cavo in movimento.
L’altro cavo, quello che subisce lo scorrimento, subirà l’innalzarsi della temperatura localizzato su una piccola porzione di esso risultando il cavo tagliato.
Gli aquiloni con cavi di minore diametro con cavo in poliestere o Nylon tranquillamente tagliano un grosso cavo in Dyneema, nulla conta il carico di rottura è solo una questione di degenerazione chimica dovuta al variare della temperatura.
Solamente il Kevlar non teme il variare della temperatura, quindi non è il Kevlar che taglia ma è il Kevlar che si difende, resistendo a condizioni devastanti per altri cordini.
Tuttavia in considerazione un cordino di kevlar esposto a temperature elevate, sopra i 200 gradi centigradi riporta ugualmente un condizionamento permanente nel suo valore del carico di rottura, si può parlare quindi di danno acquisito.
Le ultime coccole:
Questa, una piccola appendice per prolungare la vita delle nostre corde, a fine stagione possiamo prima di riporle a dimora fargli un bel bagnetto, coma già preso in analisi i loro nemici, vediamo cosa possiamo fare.
Abbiamo già scritto ammollo in acqua a temperatura ambiente con sapone di Marsiglia. Possiamo sfregare le nostre corde e cambiare l’acqua per allontanare i sali e alcali indesiderati.
Chicca finale un ultimo ammollo in acqua con disciolto dell’allume di rocca (viene comunemente usato per fermare le ferite autoinflitte dopo essersi fatti la barba con il polso non troppo fermo, viene usato anche come antibatterico per piedi e ascelle).
Per noi va benissimo l’effetto antibatterico (no funghi e muffe) , lo stesso possiede ottime qualità d’idrorepellenza (la prossima stagione il nostro cavo avrà un arma in più).
(Allume di rocca, allume crudo e allume di potassio sono tre termini elementari, dall'eguale significato, che semplificano l’espressione "solfato doppio di alluminio e potassio dodecaidrato" (formula chimica: KAl(SO4)2). Per noi possono andare bene i deodoranti “stick” di tendenza 100% naturali).