Briglie
18.12.2013 21:06Non tutti, e neppure io, erano arrivati a questa soluzione, tanto intuitiva e quanto celata, da rimanere mai recepita spontaneamente da noi umani……………mah!!.....
Partiamo dal concetto base, i primi aquiloni che siamo andati a costruire, per dare alla creatura il giusto angolo d’ incidenza al vento utilizzavamo un’ attacco di briglia a bilanciere, in pratica con un cordino collegavamo la briglia anteriore con quella posteriore, il cavo di ritenuta, con una bocca di lupo lo si fermava in un punto “x” del cordino, poi con varie prove portando in avanti o indietro il nodo a bocca di lupo trovevamo il giusto assetto dell' aquilone.
Spesso marcavamo poi con un lapis più punti sul cordino in modo da avere un riscontro futuro con le diverse intensità di vento.
Anche nei profili alari si aveva ragione di questo settaggio, operando come segue, si dividevano le briglie in ordini di file parallele fronte vento, si dava valore di lunghezza al primo ordine a seguire tutti gli altri ordini venivano raccolti con dei cordini singoli e adeguando la lunghezza di questi si dava il giusto angolo d’incidenza alla vela.
Arrivando con il medesimo ragionamento, anche ad avere ragione degli aquiloni gonfiabili.
La differenza tra queste esecuzioni di briglia è solo nella loro complessità, ragionare con una vela da un metro quadro con due attacchi di briglia è cosa semplice e abbiamo anche il bilanciere, fare il medesimo ragionamento con una vela da venti metri quadri con altrettanti attacchi, ci porta via tempo e pazienza e i settaggi sono eseguiti prova dopo prova.
Questo tipo d' esecuzione aveva le sue ragioni in quanto la preoccupazione primaria era quella di avere la vela stabile in cielo, quindi briglie di eguale lunghezza a distribuirsi sui lati della vela partendo dall'asse centrale e a seguire utilizzando gli ordini di briglie, quando non avevamo più sbandamenti laterali, settavamo con i cordini singoli il giusto angolo d’ incidenza al vento.
Dopo due interessanti chiacchiere costruttive con un’ altro aquilonista, cosa cambia ora nella mia ottica, semplicemente ciò che segue.
Nel produrre le briglie posso ora creare dei bilancieri tra i vari ordini e a seguire mediante anelli o maglie catena saldate eseguo altri bilancieri al termine del lavoro mi rimane in mano un cordino solamente.
Ne consegue che il primo ordine di briglie di lunghezza “x” distribuito sulla trailing edge lo posso direttamente far trattenere dal cavo di ritenuta, e dando poi lunghezza adeguata all'altro cordino trovo il giusto angolo d’incidenza, tutte le briglie collegate a questo secondo cordino scorrendo negli anelli si setteranno in automatico da sole.
Se è vero che discendiamo dalle scimmie io sino ad oggi mi grattavo la testa a fronte di questo settaggio……….come sopra……mah!!
Implemento Briglie:
Di dovere, dopo una interessante quanto istruttiva chiacchierata virtuale con Marco Casadio (www.pappillonkite.com) che già nell'anno 1990 portava in cielo degli Edo con briglie semplificate, escogitando tale sistema per aver ragione delle briglie di questi aquiloni, le quali, negli Edo sappiamo possono irritare i loro costruttori.
Anche recentemente mi è stato detto in un campo di volo, “bello il blog, ma sulle briglie non ho capito un cappio”… è già qualcosa!...... io generalmente esterno il mio disappunto con espressioni più decise, marcando con dei francesismi l’avvicinarsi dei punti di domanda.
Meglio partire da zero quindi. Quanto già scritto, consideriamolo introduttivo, analizziamo quanto segue in modo alternativo e di livello superiore, abbiamo la nostra vela eseguita con tutti i punti di briglia disposti in file parallele partendo dalla trailing edge (fronte vento) poniamo a raccolta una serie di briglie primarie, che, di giusta misura convergono in un punto ideale che chiameremo “X” posizionato virtualmente sull'asse centrale della nostra vela, ad un certa distanza (giusta misura).
(Una piccola considerazione sulla giusta misura), la lunghezza delle briglie primarie, in virtù teorica, dovrebbe aderire a questo tipo di ragionamento, analizzando ad esempio cosa succede tra due briglie collegate ad un cavo di ritenuta possiamo dedurre che, il cavo supporta una forza data, per fisica dal nostro giochino, la chiameremo ”G” (in verità è la spinta ascensionale dell’aquilone a generare la forza, ed il cavo di ritenuta trattiene tale forza, per semplicità descrittiva consideriamo la forza direttamente prodotta dal cavo di ritenuta) questa forza viene divisa equamente nelle briglie, di cui ”g1-g2” dando come risultante trigonometrica due valori di forza, ipotizzandoli noi come r1 e r2.
I valori r1 e r2 a loro volta incontrano una resistenza data dal mantenimento di forma della vela “R” (stiamo considerando il mantenimento di forma ottenuto dall'aria interna in una vela e non da stecche opportunamente posizionate, le quali chiaramente danno valore elevato alla nostra “R”), ebbene, se “g1-g2” creano in risultante un valore contrario superiore al valore della nostra “R” la vela si chiuderà o creerà delle pance per evitare ciò dobbiamo diminuire il valore di queste forze risultanti r1-r2 questo si può fare diminuendo l’angolo generato dalle due briglie ove sono collegate al cavo di ritenuta.
ALLUNGHIAMO QUINDI LE BRIGLIE, se portiamo l’angolo generato tra le due briglie nel punto d’unione sotto i 60° virtuali iniziamo a ridurre il valore delle due forze r1-r2 responsabili del collasso della porzione d’ala, empiricamente possiamo scrivere che se la lunghezza della briglia è di misura 4 volte superiore alla distanza tra punti di briglia adiacenti scongiuriamo questo pericolo, in opposizione a ciò vi è la quantità superiore di cavi utilizzati che darà peso e resistenza aerodinamica alla vela.
Anche la stabilità di volo con briglie lunghe raccoglie maggiori benefici, da terra a volte per prove fisiche si è portati a pensare il contrario.
Torniamo al sistema briglie e quindi al nodo di raccolta eseguito nel primo ordine di briglie primarie, terminato questo andiamo a eseguire la raccolta degli altri ordini di briglia, in giusta misura, per file parallele fronte vento.
Ora abbiamo, come da prima immagine, una ipotetica vela con tre ordini di briglie primarie.
Eseguiamo ora ciò che segue, al primo ordine di briglie, mediante un nodo a bocca di lupo o similare fissiamo un cordino a formare la prima briglia secondaria di lunghezza “X” collegata questa ad un anello o moschettone preposto ad accogliere il cavo di ritenuta.
Rimangono i restanti due ordini di briglie primarie, a questi tramite un cordino creiamo un ponte, con infilato un anello saldato (o anello di catena) che corre libero lungo il cordino a ponte.
A questo anello libero possiamo ora legare un cordino a formare l’altra briglia secondaria che raggiungerà il punto “X”.
Osserviamo ora come al variare della lunghezza di questo secondo cordino varia l’angolo d’incidenza al vento della nostra vela.
Il gioco è fatto.
Possiamo introdurre una piccola considerazione già disquisita da Peter Lynn a proposito degli aquiloni pilota, quindi applicabile ai profili d’ala ed altro, spesso, vuoi nel processo esecutivo, quando chiudiamo una vela abbiamo nella costruzione una logica che porta con se delle differenze di ottimizzazione tra i ferzi cuciti dando a fine cuciture mm. o cm. di scompenso tra i ferzi, ci sono anche ulteriori cause o errori che possono darci dei fastidi di stabilità nel volo del nostro aquilone, ma aldilà delle possibili cause d’origine, ora virtualmente abbiamo in analisi la vela in cielo con il giusto angolo d’incidenza al vento e le briglie perfettamente equilibrate, eppure sotto raffica o al variare di intensità del vento notiamo degli sbandamenti, questi spesso sono distruttivi perché innescano una serie di forze che possono essere superiori a quanto noi possiamo fare per correggere il giusto assetto di volo, come dire, anche Mario Poltronieri aveva scritto dei saggi, su come controsterzare con le vetture da corsa in curva ad alta velocità, però ogni tanto una macchina la piantava anche lui su per un muro.
Semplificando lo scritto di Peter Lynn, scriviamo noi, invece di cercare l’origine del problema il quale a volte è sin troppo celato da poterlo risolvere alla radice, proviamo a ridurre ciò che invece da origine allo sbandamento, lavorando quindi non sulla causa ma sull'effetto, ora lo sbandamento spesso è dovuto ad un’accelerazione di parte della vela quindi all'efficienza del profilo d’ala, cioè dal suo camber, variando allora la sua forma si anestetizza la volontà della vela a proiettarsi in una direzione reagendo a dove noi inconsapevolmente abbiamo reso la zona troppo efficiente, per far ciò si può provare a ridurre la lunghezza del cordino-i centrale-i, zona profilo, lato di sbandamento dell’ala.
Andiamo a ridurre il camber, quindi, a ridurre portanza ed efficienza, aumentando così facendo, la resistenza, forse così risolviamo il problema.
In sostanza il cambio d’angolo d’incidenza al vento può toglierci dai fastidiosi problemi di sbandamento, un giorno, con determinate condizioni di vento ma non sarà una soluzione definitiva, la giusta strada da percorrere a correzione degli sbandamenti è quindi da ricercare variando la lunghezza delle briglie primarie senza variare l’angolo d’incidenza, o lavorando casomai con chiglie, code e quant'altro possiamo fare, tornando forzatamente sul tavolo da cucito una volta che ci siamo arresi da tali tentativi.
Torniamo al sistema di briglie, per ottimizzare l’angolo d’incidenza al vento, abbiamo visto come fare a risoluzione di un sistema semplice, ma se abbiamo un aquilone con svariati ordini di briglia il ragionamento è più complesso, qui si torna a Marco Casadio il sistema di "briglie a cascata” è funzionale, lui è arrivato ad eseguire tale sistema fino a sette ordini di briglie, non male, vediamo di cosa si tratta, altrimenti mediante prove eseguite sul campo su ogni singolo ordine per tentativi potremmo arrivare a collassare, a maggior ragione se siamo sotto un sole cocente e in condizioni non ottimali di pazienza e analisi.
Abbiamo in questo caso un aquilone complesso e come sopra abbiamo raccolto a misura ogni singolo ordine di briglie per file parallele fronte vento, portiamo con un cordino (briglia secondaria) il primo ordine di briglie al nostro punto “X” cui verrà poi applicato il cavo di ritenuta.
Ora per semplificare il processo descrittivo, metto da parte quanto eseguito con il primo ordine di briglie e vado a prendere il nodo d’ unione dell’ultimo ordine di briglie (lato leading edge) con una bocca di lupo fisso un cordino a cui faccio correre all'interno un anello libero e porto il cordino a fissarsi al nodo del penultimo ordine di briglie eseguendo un ponte.
A seguire, lego all'anello libero che corre nel primo cordino un secondo cordino, introduco un’ altro anello nel nuovo cordino e vado a eseguire un’ altro ponte con il terzultimo ordine di briglie (nell'eseguire questi ponti aumentandone proporzionalmente la lunghezza dei cordini utilizzati, possiamo ottenere una costruzione di briglia omogenea, esteticamente gradevole e funzionale).
Posso proseguire con questa logica fino all'ultimo ordine di briglie libero cioè a quello immediatamente successivo a quello già finito e posato da parte prima, a questo punto rimane l’ultimo anello libero che corre nell'ultimo cordino fissato, qui verrà legato il cordino (briglia secondaria) che raggiungerà il punto ”X” e mediante la regolazione della lunghezza di questo cordino posso ottenere il giusto angolo d’ incidenza al vento.
Consideriamo a dovere il carico che queste due briglie secondarie vanno a sopportare, la prima deve aver ragione di un ordine di briglie, la seconda si fa carico di tutte le restanti.
La nostra vela è ora una tavola nel cielo come nelle rozze immagini da me proposte.
Al prossimo battito d’ali quindi……